Ci sono giorni che iniziano con le mani nella farina e terminano con le dita sporche di colla, come quella di venerdì scorso.
Chi segue la pagina Facebook di Sogni di Carta sa che il 30 settembre sono stata invitata dalle simpatiche libraie della libreria Giunti al Punto di Sanremo a tenere una lettura animata del mio romanzo con laboratorio finale.
Ormai conoscerete la mia timidezza (da bravo topino), ma saprete anche che mi piace mettermi in gioco, per cui non mi sono lasciata sfuggire l'occasione.
L'ansia era tanta, come sempre. Mi chiedevo quali e quanti bambini avrei avuto di fronte, se avrebbero apprezzato i brani di “Sogni di Carta” che avevo scelto per loro, se sarei stata all'altezza...
Insomma, armata di tanta buona volontà e di altrettante preoccupazioni, mi sono imbarcata in questa piccola avventura.
D'altra parte Gulliver e Archimede sono sempre ansiosi di conoscere nuove persone, di arrivare al cuore di molti bambini e io non potevo proprio rifiutarmi.
Sono arrivata alla libreria Giunti e mi sono seduta su uno degli sgabelli per i topolini che da lì a breve sarebbero venuti ad ascoltare la mia storia. E pian piano, i piccoli amici hanno cominciato a occupare gli altri sgabelli, tutti intorno a me.
Qualcuno di loro aveva l'espressione un po' scettica, altri, intraprendenti, hanno cominciato subito a fare mille domande, e in men che non si dica, mi sono ritrovata accolta nel loro mondo così genuino, autentico.
Io: “Archimede era un libraio fuori dal comune, vestiva sempre a quadretti e i suoi migliori amici erano i libri. Gestiva una libreria come questa in cui ci troviamo, e il suo negozio si chiamava Sogni di Carta. Ma non vi ho ancora detto che Archimede aveva un assistente. Come ve lo immaginate?”
Bambina: “Be'... alto! E grande. Sicuramente... con l'età giusta!”
Io: “Cosa vuol dire con l'età giusta?”
Bambina: “Be', è ovvio: l'età giusta per lavorare! Non tutti possono lavorare!”
Giusto, giusto, come darle torto?
E così la lettura è andata avanti, con qualche piccola interruzione per ascoltare quello che i miei piccoli amici avevano da dirmi. E così è saltato fuori che nessuno aveva mai visto un topo in biblioteca, perché i topi di solito si trovano nelle cantine, o, al massimo, portano i soldini quando cadono i denti da latte, se non ci pensa la fatina. Poco dopo, guarda caso, si è scoperto che anche i bambini vanno ghiotti di biscotti proprio come Gulliver, quindi un tipino del genere non poteva certo risultare loro antipatico!
Io: “Ma voi credete nella magia?”
Bambina 1: “Io sì! Ci credo.”
Io, rivolta a un'altra bimba:“E tu?”
Bambina 2, poco convinta:“Anche io.”
Bambina 1: “Non dire le bugie, che poi ti cresce il naso come è successo a Pinocchio!”
Insomma, in poco tempo i miei giovani ascoltatori si sono fusi con i protagonisti della mia storia senza rendersene conto, e io gongolavo sullo sgabello, e Gulliver e Archimede insieme a me.
Dato che, com'è giusto, l'attenzione stava un po' calando, ho finalmente tirato fuori lo “Scatolone Fabbricone” (ve lo ricordate, quello de L'Albero Azzurro?) e subito mi sono ritrovata con le manine dei bimbi dappertuto, che cercavano di afferrare forbici, fili di lana, tappi di bottiglia, colla e piatti di plastica come se da lì a breve avessero scoperto che sulla faccia della Terra non sarebbe più esistito nessuno Scatolone Fabbricone, nessun pezzo di spago o ritaglio di carta.
Ho mostrato loro la topo-pinza che avevo preparato per loro e che gli avrei insegnato a fare nel corso del laboratorio e sono esplosi letteralmente dalla gioia. Tutti, dal più grande al più piccolo, non vedevano l'ora di costruire quel “Gulliver chiudi-biscotti”, impazziti dall'entusiasmo.
“Ma dobbiamo usare la colla con le mani?”
“Come si fa?”
“E gli occhiali non glieli facciamo?”
“Potremmo fargli anche i denti!”
“Ma che bello che è!”
E così, tra una risata e l'altra, abbiamo incollato i tappi delle bottiglie a una pinza di legno per bucato, che avrebbero formato le orecchie del nostro bel topo. Poi è stato il turno della coda:
“Io voglio fargliela lunga così!”
“Io di più!”
“Io voglio un pezzo di spago lungo da qui a qui.”
“Io, invece, lo voglio della misura giusta.”
E dopo la coda, è stato il turno dei baffi, incollati “a ics”, ci hanno tenuto a sottolinearlo.
“E il naso non glielo facciamo?”
“Ma certo, altrimenti come fa a sentire il profumo dei biscotti, senza un grosso nasone?”
Alla fine abbiamo scoperto che la lana colorata con cui abbiamo fatto il naso della nostra topo-pinza aveva tutta l'aria di un delizioso gusto di soffice gelato, e ci è venuta l'acquolina in bocca, inutile dirlo, vero?
Ma la parte migliore doveva ancora arrivare. I bambini sono andati in brodo di giuggiole quando hanno visto la confezione di occhietti che ho tirato fuori come “il pezzo forte” del laboratorio. E lo è stato davvero!
Occhietti con pupille mobili son finiti dappertutto: dentro il piatto di plastica, sul tavolo, sul pavimento... insomma, ci si sentiva un po'... osservati!
Ma siamo riusciti a incollare anche quelli ed ecco che, alla fine, la topo-pinza era pronta, fatta e finita.
Be', un'ora è passata? E' già finito tutto? E' stato così semplice?
Sono arrivati i genitori e i bambini son schizzati su dagli sgabelli come molle impazzite, con la pinza chiudi-biscotti nuova di zecca pronta a spiccare il suo primo volo.
Ne è seguito una marea di “Grazie” che non avrei mai immaginato possibile, non si finiva più di ringraziarmi per quella topo-sorpresa.
E così, alla fine, me ne sono tornata a casa anche io, con la borsa svuotata dal materiale che avevo portato con me, ma riempita con tanti, meravigliosi sorrisi: quelli che ho donato e che mi sono tornati indietro ingigantiti.
Grazie, Sogni di Carta, per le emozioni che continui a regalarmi, e grazie a voi, piccoli e grandi lettori, per rendere possibile questa splendida, inaspettata magia!